DE CANDIDO L. Dieci fiaccole accese, Ed. Serve di Maria Addolorata, Chioggia (Venezia), 2005.

Presentazione dell'autore

Nel volumetto Dieci fiaccole accese raccontando padre Emilio Venturini scritto con un genere letterario un po’ singolare – cioè sono i personaggi che padre Emilio ha incontrato che parlano in una specie di intervista per interposta persona si dice, non si usa spesso questo genere –, si racconta di padre Emilio, si racconta della Sambo e dei vari personaggi che padre Emilio ha incontrato e che hanno collaborato con lui. Qui è un po’ la fantasia supportata dalla storia che interpreta anche il tentativo di dialogare, di parlare con la mentalità del tempo, con qualche parola chioggiotta anche o ciosota, non so come si dice, io sono friulano e la nostra lingua è molto  diversa dalla lingua del dialetto ciosoto, per dire lo stile con il quale questo testo di padre Venturini è tracciato e ovviamente lì c’è anche la descrizione di Chioggia del suo tempo. Tra l’altro anche le immagini del pittore Chiereghin danno qualche idea di come poteva essere Chioggia, allora anche l’idea della Chioggia povera, gremita di poveri. E infatti nel fascicolo Dieci fiaccole accese ci sono un paio di poveri che raccontano la loro vicenda.

Ho preso delle notizie anche da un manoscritto, che spero di leggere anche stampato, di ricerche sul tempo in cui il Venturini e altri suoi collaboratori, la Sambo e la Salvagno per esempio, hanno vissuto e lavorato, ecco anche da quel ms si ricava una tristezza fortissima nel vedere la Chioggia dei poveri. Adesso è splendida la città di Chioggia rispetto a 100 o 150 anni fa. Per esempio intorno alla metà dell’Ottocento al tempo del Venturini, l’anno 1822 Chioggia aveva 23.000 abitanti dei quali 3.600 erano sotto i 14 anni, quindi una città in evoluzione, molto giovane, però la stragrande maggioranza erano poveri, marinai, pescatori, braccianti, acquaiuoli, cioè portavano l’acqua dall’Adige – che poi fra l’altro a quel tempo era stato deviato a svantaggio di Chioggia e a vantaggio di VE – e altri tipi di povertà, quindi anche i bambini, i ragazzi dovevano essere orientati a questo servizio, a questi piccoli servizi. Anche il contesto politico del tempo era molto movimentato: l’Austria che aveva il predominio su Chioggia, mentre c’era anche il passaggio con l’annessione al regno  d’Italia e con dei torbidi che avvenivano in città. Le malattie diffuse erano il colera, il tifo, la malaria, il vaiolo, molte morti per setticemia post partum, naufragi, quindi gli orfani erano numerosi e a Chioggia c’era soltanto un istituto per figlie di operai, o comunque per istituti di orfani, nel 1874 e aveva 12 posti, era un istituto per le bambine. Perché no i bambini? Era una discriminazione anche nel sociale? C’era questa convinzione. Ho trovato una nota significativa di una mentalità discriminatoria del tempo:  la scuola di pesca di VE definisce l’idea di un ricovero per orfani maschi come un errore perché creerebbe degli spostati e il prezioso contingente di marinai risulterebbe assotigliato, quindi i bambini devono restare lì dove sono nella loro povertà, nella loro orfananza perché devono crescere, diventare uomini lavoro. Le bambine erano le più diseredate, le più abbandonate, ecco che allora il Venturini non discrimina, entra un po’ nella mentalità del tempo, ma accoglie quelle persone che sono oltre che orfane e malate, sono anche nella mentalità, nel rischio della situazione in cui si trovavano le più periclitanti, le più in difficoltà, quindi veramente è un eroismo, è un superare una mentalità che trascurava questi poveri soprattutto le fanciulle, le bambine. Voglio leggere una testimonianza dal libro Presenza dolce e discreta, p. 35 di sr Pierina Pierobon, che ricorda le ragioni per cui il Venturini e madre Elisa si sono dedicati alle bambine, quindi non discriminazione, ma eroismo nell’accogliere il più povero dei poveri: La classe dei più bisognosi che più strappava le lacrime e il cuore ai due visitatori (padre Emilio e madre Elisa) erano le figlie orfane le quali correvano inconsapevoli verso il vizio, vagavano per la città per ottenere coll’elemosina il vitto, ora sedute a capo dei ponti, ora in mezzo alle calli, o per le case ed osterie; queste meritavano e s’aveano la principale cura”.

Quindi non discriminazione, ma eroismo amoroso e servizievole verso i più poveri, le bambine orfane e abbandonate della città.